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L'abito tradizionale maschile, rimane molto più semplice ed austero di quello femminile si compone prevalentemente da due copricapi: il primo diffuso in tutta l’isola e in diverse aree del Mediterraneo, chiamato “sa berrìtta”, di forma allungata, circa 50/60 cm., il cui diametro varia in relazione alla circonferenza del cranio. “Sa berrita” viene indossata calzata sul capo con l'estremità lasciata ricadere su un fianco o dietro le spalle, spesso ripiegata o arrotolata e lasciata poggiare sulla fronte.
Meno frequente e riutilizzato in tempi recenti è il berretto a tamburello, “su berrittolu tundu”, conosciuto anche con il nome di “Čiččía”, si presenta di forma tronco cilindrica bassa. Il copricapo è realizzato in panno d’orbace, di lana o di fustagno; tal volta presentava guarnizioni in velluto, sempre di colore nero, presenta impunture lungo la circonferenza per ottenere il profilo rigido della sagoma a tamburello.
La camicia, “sa camisa”, realizzata prevalentemente in tessuto di cotone bianco più o meno pregiato, si presenta con le parti che la costituiscono sagomate, i polsini ed il colletto, diritti e molto bassi, provvisti di occhielli trasversali che consentono l’inserimento dei bottoni. Le pettorine, applicate successivamente, sulla grande apertura longitudinale anteriore, possono presentarsi lisce nelle camicie giornaliere, con una serie di piccole pieghe verticali, di numero variabile, dette “sas travellas”, in quelle festive.
Sopra la camicia vengono indossati due diversi smanicati: il primo confezionato in velluto liscio, di colore nero, “su cosso” o “su soloppàu” è il corpetto più usato nell’abbigliamento tradizionale maschile seneghese.
Indossato infilando i lembi inferiori dentro i calzoni, “su cosso”, si presenta privo di colletto, con abbottonatura anteriore a doppio petto, mediante doppia fila di bottoni neri. Le rifiniture sono sempre realizzate con grande cura, specie la bordura, realizzata mediante trina di lana nera e le ricercate impunture, presenti nella parte anteriore.
In voga nell'800 i gilet “su cropète”, sono uno dei tanti indumenti maschili caduti in disuso nell’abbigliamento tradizionale e riscoperti recentemente.
Utilizzato prevalentemente come indumento giornaliero, “su cropète”, è confezionato, nella parte anteriore, in tessuto di pesante cotone o di orbace nero. Generalmente i gilet, si presentano con abbottonatura anteriore ad uno o doppio petto, chiuso mediante una serie di bottoni in tinta; scollatura a V, priva di colletto oppure con bavero in velluto liscio.
Usati indistintamente in tutte le stagioni, i capi-spalla, sono indumenti di lunghezza media, confezionati in orbace, ed indossati normalmente sopra il corpetto. Il più arcaico seneghese è “su cappòtto de fresi”, confezionato totalmente in orbace nero e foderato con pesante tessuto di cotone in tinta, si presenta con doppia piega lungo i lembi anteriori, terminanti con un piccolo cappuccio nella parte posteriore.
L’intero perimetro dell’indumento, le tasche, tagliate longitudinalmente, ed i polsini, impreziositi talvolta da bottoni disposti trasversalmente, sono rifiniti con trine di cottone nero e raffinate impunture.
Uguale al modello sopra descritto, “su cappòtto a cuidèra”, si differenzia dal capo-spalla precedente per l’utilizzo di diversi tessuti, in tinta, cioè nero su nero. Tale raffinato gioco di chiaroscuri, è determinato dalla lucentezza del velluto liscio, usato per realizzare le maniche e le tasche, in contrasto con l’orbace, usato per il resto dell’indumento.
Le giunture delle maniche, alle spalle, sono orlate da una corta e fitta frangia, mentre il resto delle impunture molto elaborate, realizzate a mano, sono arricchite da cordoncini in tinta.
L'indumento più antico per coprire il corpo dalla vita alla coscia, è i calzone a gonnellino, “sas arràgas” o “sas bràgas”, sempre indossato in combinazione con ampi e lunghi calzoni in tela “sos carzones de tela” e da gambaletti sagomati “sas càrzas”.
“Sas arràgas” sono confezionate in tessuto d’orbace nero, arricciate con minute pieghe sino all’altezza della vita, completate da un bavero rivolto verso il basso, realizzato con lo stesso tessuto oppure in velluto. Le falde inferiori, libere dalle imbastiture, rifinite con trina di cotone o di lana in tinta, sono unite tra loro, nel centro, da una corta striscia dello stesso tessuto.
“Sos carzone de tela”, sono una via di mezzo tra un capo intimo ed uno esterno. Simile ad un lungo ed ampio mutandone, i calzoni in tela, sono realizzati in tessuto di lino o di sottile orbace grezzo di colore bianco.
“Sas càrzas”, infine sono dei gambaletti, ben sagomati per seguire la linea della caviglia e del polpaccio e sono realizzati in tessuto d’orbace nero.
Questi indumenti a Seneghe, erano caduti del tutto in disuso per quasi un secolo, preferiti ai più comodi e pratici pantaloni lunghi. Il loro recupero, è avvenuto negli ultimi anni grazie ad un lavoro di ricerca principalmente orale e fotografica sull’abito tradizionale di Seneghe.
“Su pantalone de trìpa” sono i pantaloni lunghi a campana, che coesistono con “sas arragas”, sono confezionati in tessuto di panno di lana nero, su cui vengono, talvolta indossate “sas arràgas cùrtzas”, un gonnellino in orbace di dimensioni molto ridotte, reminiscenza di quelle lunghe, usate solo come elemento decorativo.
Tra i capi-spalla lunghi, più diffusi a Seneghe, ricordiamo “su cobbanu”. Realizzato in orbace nero, raramente di colore marrone scuro, si presenta di lunghezza variabile dal ginocchio sino alle caviglie, si presenta con o senza cappuccio, con colletto rivoltato, tasche con battente e chiuso anteriormente con una serie di bottoni.
(di: Giorgio Putzolu)
(Foto: Giampiero Ragatzu, Alice Mastinu, Giorgio Putzolu, Associazione Culturale Perda Sonadora)